Non temere mai di dire cose insensate. Ma ascoltale bene, mentre le dici

Pro Forma

L’edificio sembra un manicomio dismesso. Uno di quei quadri psicotici che raffigurano palazzi stretti alla base e che si allargano man mano fino alla sommità. Cammino. Oggi Roma è un forno, un forno ventilato ma pur sempre un forno. Ho persino paura di rovinare la cartella clinica che porto con me con il sudore delle mani.  E’ il terzo colloquio, probabilmente l’ultimo. Non sono preoccupato anche se sarà con un medico che non ho mai visto, ma se c’è una cosa che non mi piace è il dover assistere alla valutazione della mia salute mentale da parte di qualcuno che non mi conosce per niente e per di più col filtro del fatto che, se sono quì, un motivo dovrà pur esserci.

Rispondo al ragazzo con gli occhiali design moderno e la scodella in testa: “No. Non ho un appuntamento. Mi hanno mandato quì perchè la prassi lo prevede. Lo prevede come al solito, eppure, ogni volta cascano tutti dalle nuvole e mi tocca fare questo discorso.”.

“E vabbè ma sse sà che cc’è llo stress postetraumateco….”.  Dice il lottatore di sumo coi capelli ricci seduto alla scrivania in fondo alla stanza, tenendo lo sguardo basso.

Ecco… Alla fine di oggi sarò un pazzo da post-trauma semplicemente perchè il fatto di essere trattato come una palla pazza da un’assistente cicciona e pignola che s’improvvisa psicologa e dalla versione intellettuale di Nino D’angelo mi fà incazzare.

“Attenda fori và… Che ggliè chiamo er medico e vediamo de farlà visità.”.

Mi siedo sulle panche, entrando ufficialmente a fare parte del club “Devofareunavisitapsichiatricacometuttivoimainrealtànonneavreibisogno” e aspetto. Aspetto…

Aspetto…

Aspetto.

Generalmente nelle sale d’attesa si finisce sempre col parlare con qualcuno, crogiolarsi ognuno nella propria situazione condividendola. Quì No. Sembra che nessuno abbia voglia di raccontare il motivo per il quale uno strizzacervelli li attende dietro quella porta. Almeno parliamo del caldo che fà oggi a Roma. Niente. Per far scorrere il tempo mi distraggo osservando un dipinto che raffigura un uomo in poltrona con un’espressione di dolore mescolato a tristezza, martoriato da impressionanti folletti malefici che impugnano ognuno uno strumento. Chi un martello, chi un trapano… Alla base del quadro c’è scritto: CEFALEE.

Finalmente è il mio turno in lavatrice. Spero in un lavaggio breve. La cosa migliore da fare quando qualcuno è intento a decidere se hai qualche problema o no, è non cercare di essere uno che non ha problemi quindi sulla base di questo concetto controllo semplicemente la compostezza e il rilassamento della mia postura ed apro la mia mente al dialogo. “L’arte di combattere senza combattere”. Bruce Lee. IO TI ADORO.

“Allora… Come và?”

“Bene, grazie”

“Raccontami cosa è successo.”

“BLABLABLA BLA BLA E POI BLA.”

“Quando si vive un evento straordinario come quello che ha vissuto lei, non dobbiamo meravigliarci se reagiamo in modo straordinario… Diversamente se io dovessi esser tamponato in macchina e per reazione scendessi col crick in mano con l’intenzione di spaccare la testa all’altro, avrei una reazione esagerata. Io tendo a preoccuparmi quando mi trovo di fronte una persona che ha vissuto un evento straordinario e reagisce in modo che sembri che nulla sia accaduto.”.

Credo di non aver mai categorizzato nessun avvenimento della mia vita come “straordinario”, a parte il sesso sfrenato da lucido.  Immagino che debbano sentirsi reduci da un evento straordinario quelli che vengono intervistati dopo essere stati rilasciati dagli alieni che li hanno rapiti, o chi festeggia le “nozze d’oro”. Chi sopravvive dopo aver chiesto un “Kebab-con-tutto”… E allora rispondo.

“Beh, credo che i problemi siano fatti per essere risolti, quando si ha la possibilità. Credo nell’elaborazione dei fatti al fine di trovare ragioni e credo nella diversità delle reazioni a seconda dell’individuo.”.

“Giusto. Ma potrai dire di essere davvero guarito quando sarai di nuovo lì dov’eri e riuscirai a gestirla.”

Se avessi i miei folletti personali come il tizio del quadro quì fuori credo che ora starebbero gridando “fanculo!” all’unisono. Ma devo dire che dentro di me una certa voglia di sfida s’insinua allettandomi pericolosamente.
In ogni caso la mia pratica è conclusa. In ogni caso sono ufficialmente sano di mente (quando lo dirò a mamma e papà e agli amici sai le risate…).

In ogni caso touché. Complimenti Doc… Giusto in mezzo agli occhi.

psikiatria

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